di Leonardo Pietro Cervesato – Dottore in Ingegneria Gestionale e redattore di Lexacivis
Quattro febbraio 2004: una data destinata a cambiare, di lì a qualche anno e irreversibilmente, alcune dinamiche sociali, economiche e politiche a livello mondiale. Il giorno in cui alcuni studenti della Harvard University (USA), tra cui un appena vent’enne Mark Zuckerberg, avviarono un servizio di rete con l’intento di creare un social network che potesse connettere fra loro tutti gli studenti dell’università, specialmente tra diversi dormitori e residenze. La piattaforma, divenuta ad oggi il social network più frequentato al mondo, viene inizialmente chiamata “Thefacebook”, per poi adottare definitivamente il nome con cui ora tutti la conosciamo: Facebook.
CRESCITA DI RETE E VALORE
Sebbene l’iniziale intento dei giovani studenti non fosse la monetizzazione, ben presto si resero conto che la gestione di un sempre maggior numero di utenti comportava altissimi costi tecnici ed amministrativi.
La crescita di Facebook è stata infatti tanto rapida quanto di enormi proporzioni. A partire dai pochi iscritti di Harward, a fine 2004 il social network viene reso disponibile a tutti gli studenti di Canada e Stati Uniti, e sempre nello stesso anno viene fondata la corporation Facebook Inc., permettendo una migliore gestione (soprattutto finanziaria) dell’idea che di lì a poco avrebbe conquistato il mondo.
In poco tempo il valore della società aumenta, fino alla vendita nel 2005 del 10,2% delle quote societarie per mezzo milione di dollari. Nel 2006 le iscrizioni vengono aperte a chiunque abbia più di 13 anni e nel luglio dell’anno successivo Facebook entra nella classifica dei 10 siti più visitati del mondo.
Il successo di Zuckerberg e dei suoi collaboratori accresce sempre più il valore dell’azienda attirando l’interesse di grandi investitori: anche Microsoft, infatti, nel 2007 decide di investire rilevando l’1.6% di Facebook per una cifra pari a 240 milioni di dollari.
Nei primi quattro anni di vita Facebook cresce mensilmente al ritmo di percentuali a tre cifre, toccando nel 2008 quota 100 milioni di iscritti, e arrivando nel 2009, anche grazie ai primi grandi introiti della pubblicità, alla chiusura di bilancio in attivo. Il ritmo più che sostenuto di crescita porta il social network a superare nel 2010, per una settimana, il motore di ricerca Google per numero di visite negli Stati Uniti e a raggiungere nell’ottobre del 2012 il miliardo di utenti.
Nel secondo decennio degli anni duemila Facebook, da novità intrigante per gli utenti e allettante per gli investitori, si afferma definitivamente come assoluta potenza finanziaria. Da una valutazione di 14 miliardi di dollari nel 2010, più che triplicata l’anno dopo, sbarca nella borsa come società quotata nel 2012 ottenendo una IPO (offerta pubblica iniziale) al prezzo di 38 dollari ad azione, portando il valore totale della società a 104 miliardi di dollari e registrando il debutto più alto di una società a Wall Street. Negli anni successivi Facebook non delude i broker raggiungendo ad esempio, nel luglio del 2017, un valore di mercato superiore ai 500 miliardi di dollari.
APPROCCIO STRATEGICO
Nonostante l’esponenziale crescita del settore e, di conseguenza, della mole e potenza dei competitors, l’azienda di Zuckerberg resta uno dei marchi più famosi al mondo: questo longevo e robusto successo fonda le sue radici in varie motivazioni: scelte strategiche che si sono dimostrate decisive e che negli anni hanno fatto scuola.
Strategia Blue Ocean
Facebook è stata innanzitutto una Blue Ocean. Un’azienda frutto di un’idea innovativa sviluppata strategicamente e di azioni e decisioni manageriali che hanno portato non solo alla nascita di un nuovo prodotto, ma anche a quella di un nuovo mercato. Una Blue Ocean Strategy (parallela e opposta alla Red Ocean, oceano rosso dalla competizione spietata e poco incline alla crescita) permette, attraverso nuove idee e tanta innovazione, uno sviluppo almeno inizialmente incontrastato e una crescita assicurata. Questa strategia è caratterizzata da una iniziale assenza di competitors (e quindi di una condizione assimilabile al monopolio), da una successiva entrata di nuovi investitori e imprese nel mercato (che nel frattempo è diventato attrattivo) e quindi dalla tendenza ad una nuova condizione, quella di concorrenza. Il vantaggio secondario per un’azienda Blue Ocean è inoltre quello di avere a disposizione un certo lasso di tempo (nell’ordine degli anni) per affermare e sviluppare il proprio business, fidelizzando gli utenti, in attesa che le nuove aziende (potenziali competitors) raggiungano una struttura ed infrastruttura tale da poter creare competizione.
Aggressività nella competizione
Ulteriore fattore che ha contribuito al successo di Zuckerberg e soci è sempre stato l’atteggiamento di decisione e tempestività mostrato nell’affrontare le minacce derivanti dal mercato. In successione, infatti, Facebook ha acquisito startup e imprese da cui poter prendere la tecnologia utile a migliorare e incrementare le sue funzioni e l’offerta agli utenti, riducendo al contempo la concorrenza.
Il 9 aprile 2012 l’azienda ha acquistato per 1 miliardo di dollari Instagram, un social nato nel 2010 che basando il proprio successo sulla condivisione delle foto ha raggiunto in due anni 30 milioni di utenti. Con questa acquisizione Facebook si è dotato di una piattaforma di foto-sharing collaudata, soprattutto su smartphone e tablet, aumentando la rete di utenti e quindi il proprio valore e potenza sul mercato.
Nel 2014 è stata la volta di WhatsApp, acquistato per 19 miliardi di dollari. Sono due le principali ragioni che hanno spinto Zuckerberg ad un investimento così oneroso, il quarto più grande di sempre nel settore tech. Innanzitutto, l’incredibile crescita di cui WhatsApp si è reso protagonista, arrivato in 4 anni di vita a 400 milioni di utenti e registrando tassi di crescita superiori ai competitors; basti pensare che lo stesso Facebook nei suoi primi 4 anni aveva raggiunto quota 150 milioni. WhatsApp quindi, al momento dell’acquisizione da parte di Facebook, portava in dote grandi prospettive di crescita nel breve e medio termine. L’applicazione in verde non ha deluso le aspettative, raggiungendo oggi 1 miliardo e 600 milioni di utenti attivi in oltre 180 paesi del mondo. Il secondo grande motivo alla base di questa storica acquisizione riguarda la tipologia di servizio proposto: mentre Facebook ha come nucleo fondamentale l’allestimento, gestione e condivisione di un’identità virtuale, WhatsApp è il leader mondiale dell’instant messaging. Facebook, attraverso lo sviluppo e potenziamento di Messenger, aveva provato a completare l’offerta agli utenti con questo ulteriore servizio, ma senza mai affermarsi sul mercato come competitor di WhatsApp. Si può dire, quindi, che questa acquisizione abbia “realizzato il sogno” di Mark Zuckerberg di avere all’interno del proprio impero un’applicazione di messaggistica leader nel settore e completamente approvata dagli utenti.
Nel 2014 inoltre, pochi mesi dopo WhatsApp, Facebook Inc. acquista Oculus, una startup americana nel settore della realtà virtuale. Questa, fin da subito, aveva provato e riscrivere il concetto di realtà aumentata, che già dai primi tentativi di inizio anni ’90 era stata considerata una tecnologia fallimentare. L’acquisizione avviene quando i prodotti di Oculus sono ancora in via di sviluppo e non in commercio, come scommessa di Zuckerberg su visori (o caschetti) in grado di aumentare le esperienze di realtà in ambito videoludico e non solo, con potenziali applicazioni sul mondo social, business ed e-learning. Oculus fa il suo esordio nel commercio nel 2016 con Oculus Rift, un visore per la realtà virtuale indossabile sul viso con specifiche tecniche in grado di sbaragliare la concorrenza. Ad oggi Oculus propone, a detta degli esperti, i migliori prodotti offerti dal mercato per esperienze aumentate di videogiochi. Pur essendo un settore con ancora grandi margini di sviluppo, e che richiede grandi investimenti, potrebbe diventare nel prossimo futuro per Facebook l’ennesima novità da proporre agli utenti come nuovo modo di vivere il mondo social.
L’approccio strategico al business di Zuckerberg e soci è quindi sempre stato caratterizzato da forte aggressività e continua ricerca di vantaggio competitivo, sia nel mercato di origine (la parte social di pura condivisione) sia nei segmenti sviluppati col tempo e ad esso collegati. Questo atteggiamento strategico ha due principali vantaggi: mitiga la concorrenza proveniente dal mercato e aumenta il portafoglio di tecnologie a disposizione.
Innovazione, integrazione e outsourcing
Inglobare al proprio interno startup e potenziali competitors aumenta il potere di mercato dell’azienda, riducendo la concorrenza e trasformando minacce in opportunità. Inoltre, l’accesso a diverse e sempre nuove tecnologie permette di possedere una caratteristica molto importante per la sopravvivenza, l’innovazione, e rende l’azienda molto flessibile a repentini cambiamenti di tendenze nel mercato. I settori in cui opera Facebook contengono un altissimo livello tecnologico ed un elevato tasso di sviluppo, rendendo la capacità di innovazione e di seguire i cambiamenti di mercato (in modo rapido ed efficiente) peculiarità vitali per un’azienda.
Infatti, un fattore determinante attraverso il quale Facebook è riuscito e riesce tutt’ora a rimanere competitivo su molti segmenti del mercato tech (e non solo per quanto riguarda le tradizionali attività di messaggistica e condivisione social) è l’enorme portafoglio tecnologico di cui dispone, che gli permette di trainare o inseguire in modo efficace le più recenti tendenze di mercato. Le fonti di questo patrimonio (in continua evoluzione) sono esterne ed interne. Facebook, infatti, acquisisce nuove tecnologie dalle aziende e startup che incorpora, attraverso politiche sia di integrazione, verticale ed orizzontale, sia di collaborazione con aziende leader in segmenti laddove ad oggi non è competitivo (una su tutti: Amazon). Inoltre, all’aumentare delle proprie risorse finanziarie, aumentano gli investimenti interni in ricerca e sviluppo, mettendo i propri sviluppatori nelle condizioni di competere per contenuti e proposte.
Nel settembre del 2017 viene lanciato Facebook Workplace, una piattaforma legata al mondo enterprise che permette di riunire in un unico luogo tutte le attività aziendali: un social molto simile al Facebook che tutti noi conosciamo ma con sistemi di report, integrazione ed amministrazione business based. La separazione dal social tradizionale in blu è netta (ad esempio è possibile registrarsi solo con una mail aziendale), e le funzionalità offerte sono studiate per soddisfare quante più esigenze aziendali possibili, potendo creare team di lavoro, gruppi con più aziende per favorirne la collaborazione e sezioni dedicate ad acquisti e vendite. Attraverso questa piattaforma Facebook ribadisce l’intenzione di rendere sempre più completo il pacchetto offerto e di rivolgersi a diverse tipologie di utenti, e si dota di un nuovo strumento per la monetizzazione, offrendo modalità premium di Workplace con funzionalità aggiuntive alla versione base.
Nel 2018 Facebook lancia il suo dispositivo smart domestico: Facebook Portal. Un display da salotto, uno strumento dotato di funzionalità avanzate di messaggistica e videochiamate, supportato da un software personalizzato da Facebook come sistema operativo. Oltre ad un accesso immediato a Facebook e alla propria rete di contatti sul social network, la vera novità, sia sul piano strategico che tecnologico, è costituita dalla gestione delle interazioni vocali tramite Amazon Alexa. Zuckerberg e soci scelgono quindi una forte componente di outsourcing nello sviluppo di questo prodotto affidandosi ad un’azienda esterna leader mondiale, Amazon, risparmiando le risorse altrimenti necessarie per lo sviluppo della tecnologia legata alle funzionalità vocali. Inoltre, la politica legata alla commercializzazione e all’assistenza post-vendita su questo prodotto si avvicina molto a quella di Amazon, garantendo resi facili, veloci e spedizione gratuita. Questo prodotto e la sua gestione dallo sviluppo fino alla commercializzazione conferma, una volta ancora, quanto le politiche strategiche di Zuckerberg ricerchino continuamente la differenziazione, sapendo adattare in modo molto flessibile l’assetto produttivo di Facebook alle specifiche del prodotto, pensate sulla base delle esigenze del mercato.
Ma Zuckerberg non si ferma qui. Oltre a servizi di profili virtuali, condivisione foto e video, chatting e instant messaging, realtà virtuale e sopporto al business aziendale, il CEO di Facebook decide di puntare al mondo delle criptovalute e dei pagamenti on line. Dopo aver comunicato, nel 2019, l’intento di voler creare una criptovaluta, chiamata Libra, Facebook Inc. annuncia il nome del portafoglio digitale che la gestirà: Novi. L’intento dichiarato di Zuckerberg è quello di mettere a disposizione degli utenti uno strumento che, oltre a rendere accessibili in modo semplice svariati strumenti finanziari, fornisca la possibilità di scambiarsi denaro in modo molto facile. A questo scopo Facebook ha fondato una controllata, Novi Financial, nata esplicitamente per la gestione del servizio. Secondo quanto si apprende dal sito ufficiale (al quale ci si può già iscrivere, sebbene il servizio non sia ancora attivo) le transazioni finanziarie oltre che nella criptovaluta Libra, saranno estese (in modo totalmente compatibile con quest’ultima) ad alcune tra le principali valute nazionali. Questo perché, fin dalle prime dichiarazioni sul progetto, Libra ha riscontrato critiche e scetticismo da parte di autorità di tutto il mondo, specialmente dal punto di vista della sicurezza dei dati.
Considerando il piano puramente strategico, con Novi, Facebook Inc. allarga ulteriormente il pacchetto a disposizione degli utenti e, ancora una volta, investe (senza troppe certezze) in mercati in cui non ha esperienza. La potenziale crescita di questa piattaforma è tutt’altro che marginale: si pensi alla tendenza ormai di molti governi nazionali verso un mondo cashless e dell’esponenziale crescita del mercato e-commerce (e conseguenti pagamenti on line). È presumibile, infatti, una futura apertura all’uso di Novi come sistema di pagamento anche per esercizi commerciali ed e-commerce, anche se in un primo momento la piattaforma sarà utilizzata prevalentemente per transazioni peer-to-peer.
È evidente, però, quanto Zuckerberg punti ad un controllo quasi globale di ciò che le persone possono fare grazie a internet, offrendo sempre più strumenti (per ogni esigenza gestibile in modo tech) tra loro integrati, compatibili, e caratterizzati da accessibilità e facilità d’uso.
Diverse strategie per diversi obiettivi
Possiamo quindi notare come le politiche strategiche messe in atto da Facebook durante tutta la sua vita spazino da atteggiamenti puramente di difesa a breve termine rispetto le minacce del mercato, a comportamenti propositivi di innovazione volti al dinamismo e quindi alla sopravvivenza nel medio periodo, a progetti di espansione in nuove tecnologie, mercati e business, investendo in ottica di lungo periodo per un controllo globale dei servizi tech.
Nel corso della sua evoluzione, forte del suo potere di acquisto, Facebook ha inglobato potenziali competitors e aziende appartenenti al proprio settore ed a settori compatibili con la propria espansione, con un forte intento di integrazione orizzontale e mitigazione della concorrenza.
Zuckerberg, nell’intento di innovare le proprie imprese, ha investito spesso in operazioni di integrazione verticale. L’acquisizione di startup e aziende ha portato ad assimilare nuove tecnologie e aumentare il bacino di utenza. Integrando i capitali acquisiti con il già vastissimo patrimonio tecnologico e di rete in suo possesso, l’azienda di Zuckerberg e soci è riuscita negli anni a diversificare e differenziare pesantemente l’offerta e seguire le tendenze di mercato, ampliando sempre più dunque il proprio business. La costante ricerca di innovazione e nuove tecnologie svolta sia internamente sia esternamente, unita ad un’attenta analisi del mercato e dei competitors hanno permesso al colosso una permanenza più che decennale tra i siti internet più visitati al mondo e al suo marchio una costante ed inesorabile crescita, nonostante l’esponenziale avanzamento del settore e, di conseguenza, della mole di competitors.
Sono spesso saltate alla cronaca degli addetti ai lavori ed appassionati, inoltre, operazioni ed investimenti apparentemente spregiudicati ma in realtà guidati da ambizioni di espansione, traducibili in azioni strategiche in ottica di lungo periodo. Forte dell’impero creato in questi anni, Zuckerberg si è spinto verso mercati distanti da quello conosciuto, affiancandosi di partners esperti, alternando quindi ricerca e progettazione interna a collaborazioni ed operazioni di outsourcing. Facebook annovera tra i propri prodotti servizi di creazione di identità, di messaggistica, di condivisione di foto e video, di realtà aumentata, di supporto e assistenza in ambito domestico, di gestione e organizzazione aziendale e di transazioni finanziarie. Con questo bagaglio, l’impero di Zuckerberg possiede intrinsecamente enormi margini di crescita (potenziali), e porta con sé un numero sempre maggiore di strumenti progettati per supportare le nostre vite e quindi, inevitabilmente, per una sempre maggiore raccolta dei dati che governano noi, le nostre interazioni e la nostra vita.