di Filippo Carpenedo – Studente di Cultura umanistica e divulgazione e redattore di Lexacivis
Il silenzio di più di 50 streamer italiani è stato assordante nel giorno che verrà ricordato come #NoStreamDay. Il 9 dicembre 2020, molti tra i volti più noti della piattaforma Twitch non sono andati in live per protestare contro le loro condizioni di lavoro.
L’iniziativa è partita da Davide Marra (in arte Mr. Marra), uno dei tre conduttori della celebre trasmissione di “Just Chatting” chiamata Cerbero Podcast. Il Cerbero è il primo canale Twitch in Italia nella sua categoria e sessantasettesimo al mondo, un successo che è nato dalla costanza delle loro live giornaliere nelle quali i tre componenti dibattono di politica e società con ospiti di qualunque età, provenienza e genere.
Molte volte il canale è stato “bannato” per le ripetute provocazioni goliardiche fatte dai tre conduttori salvo poi essere sempre riammesso dopo qualche settimana di stop. Ma la questione del ban o del permaban (ban permanente) ha toccato molti altri canali che si sono spesso ritrovati impossibilitati ad andare in live senza nemmeno un motivo, privandoli, di fatto, del loro lavoro e dei loro guadagni.
Questi continui episodi (e in particolare un recente caso di permaban) hanno convinto molti streamer a aderire allo sciopero generale e a firmare un manifesto programmatico dell’iniziativa: parteciperanno anche molti pezzi grossi del panorama, come ad esempio Fedez.
Tra i punti salienti del manifesto troviamo una forte critica alle modalità con cui Amazon (proprietaria della piattaforma) valuta chi, in che modo e per quanto bannare uno streamer, che viene definita “assolutamente discrezionale” perché frutto di regole non chiare e non trasparenti, che non tengono conto di errori involontari. Inoltre, lo strumento del ban viene definita “una misura drastica che andrebbe utilizzata con giudizio” e a ciò vengono contrapposti gli episodi in cui la sospensione è arrivata “per piccolezze o per incomprensioni, sfociate soprattutto in contesti palesemente ironici o informativi […], satira o comicità punite per incitamento all’odio”.
Il primo punto del manifesto chiede chiarezza delle regole, oggi definite da “linee molto ampie e generiche di comportamento, il che rende difficilissimo circoscrivere i casi specifici”. A titolo di esempio viene portata la regola che riguarda il non poter pubblicizzare uno streamer bannato, ma che porta a sanzioni anche solo nel nominare lo stesso, contestare o criticare il ban, pena la censura.
In un altro punto vengono poste una serie di domande riguardo la satira e la comicità perché “spesso è capitato che alcune battute, più o meno forti, venissero sanzionate”. Non è chiaro il limite nel quale certe battute possono essere tollerate e altre censurate, lasciando lo streamer in una sorta di limbo psicologico con il continuo terrore che le sue battute possano essere considerate arbitrariamente inadeguate.
Uno dei punti più importanti è la rivalutazione del permaban a partire dal lato umano di questa regola. “Non è più tollerabile il fatto che la piattaforma metta a repentaglio anche i rapporti umani” perché “non solo lo streamer perde il suo canale, ma anche la possibilità di comparire vocalmente o in video in qualsivoglia live altrui. […] una scelta di tale portata può comportare un vero e proprio tracollo psicologico”. Ma chiarisce subito l’incontestabilità di certe dinamiche che portano al permaban, come ad esempio nudità, pornografia, violenza, incitazione all’odio o razzismo che, secondo i sottoscriventi, “non devono trovare alcuno spazio sulla piattaforma”.
Il manifesto si conclude con una citazione del noto giornalista del The Washington Post, Bob Woodward: «Democracy dies in darkness», la democrazia muore nell’oscurità. Un giornale non scelto a caso visto che l’editore è Jeff Bezos, proprietario di Twitch e “datore di lavoro” degli streamer.
Ma questo sciopero è servito a qualcosa? Diciamo di sì.
Verso la sera del #nostramday, quando tutto stava volgendo al termine, è comparso sul profilo Instagram di Twitch un post che anticipava l’aggiornamento delle loro regole e l’aggiunta di nuovi dettagli e specifiche per rendere più chiare e applicabili le regole della piattaforma. Davide Marra precisa che “il post messo sul profilo ufficiale di Twitch non è stato soltanto merito nostro, stavano lavorando già da tempo alle policy, impensabile che abbiamo messo mano in una settimana a tutto”, ma sostiene che non sia stato un caso la scelta di pubblicarlo proprio il 9 dicembre e sottolinea come “alcune precisazioni dei punti sembrano proprio la diretta risposta ai nostri”.