di Gloria Vindigni – Dottoressa in Giurisprudenza e redattrice di Lexacivis
L’adolescenza rappresenta un periodo critico, di passaggio dall’infanzia all’età adulta, spesso segnato da una crisi psicologica scaturita dalla difficoltà di accettare i cambiamenti fisici e dall’emergere di meccanismi psicologici del tutto nuovi e complessi che portano l’adolescente a chiedersi: “chi sono io?”.
L’adolescente in questa fase dello sviluppo è alla costante ricerca di una propria identità, di una personalità che si omologhi a quella dei coetanei e che sia accettata a livello sociale.
È proprio questa continua ricerca di sé che rende i giovani più fragili, più vulnerabili, in costante conflitto con se stessi e con la società che li circonda. Questo conflitto, necessario e inevitabile per lo sviluppo della personalità, li spinge a voler fare nuove esperienze, nuove conoscenze, a commettere errori, a provare nuove emozioni, a trovare nuove forme di espressione e a cercare nuovi modelli di riferimento.
Sono molti i giovani che tentano di affrontare questa fase di crisi, questo momento di contrasto socio-emotivo, sperimentando alcool e droghe per sentirsi a proprio agio con gli amici, per superare una lite familiare o un insuccesso scolastico, per noia, per curiosità, per eliminare i blocchi espressivi e comunicativi.
Le droghe, siano esse naturali o sintetiche, alterano gli equilibri biologici, psicologici e sociali. A livello biologico infatti, queste sostanze modificano l’equilibrio di trasmissione delle informazioni del sistema nervoso; dal punto di vista psicologico gli stupefacenti compromettono o annullano le capacità dell’individuo di far fronte a situazioni di disagio intrapsichico, ambientale o personale. Oltre che sugli equilibri biologici e psicologici, l’assunzione di queste sostanze si ripercuote anche in ambito sociale rendendo difficile l’inserimento dell’individuo e minando le sue capacità di adattamento.
Le sostanze stupefacenti interagiscono con i diversi recettori presenti nel corpo: il cervello, la pelle, il cuore e le ossa. Esse possono essere somministrate con un’iniezione in vena, interessando così la pelle, i vasi sanguinei e il cuore per diffondersi in tutto l’organismo; diversa è l’applicazione sulle mucose o ancora la somministrazione per via inalatoria, che interessa i polmoni, oppure per via orale che invece coinvolge stomaco, intestino e fegato.
Ad oggi sul mercato si trovano sostanze allucinogene, stimolanti o narcotiche le quali a seconda dei casi creano dipendenza psichica o fisica. Le sostanze allucinogene provocano moderata euforia, fame, sete, ansia, panico, paura e diffidenza nei confronti dell’altro, sonnolenza, mancanza d’ascolto, modificazione della percezione spazio-temporale, tachicardia, agitazione, irritazione, pupille dilatate.
Al contrario, le sostanze stimolanti provocano forti sensazioni di benessere, maggiore confidenza con gli altri, rimozione delle barriere emotive, maggior percezione del ritmo e della musica, iperattività, riduzione del senso di fatica, aggressività, impulsività, aritmie, allucinazioni, deliri, psicosi.
Le sostanze narcotiche riducono la percezione del dolore attenuando l’ansia.
Vi sono poi sostanze sintetiche o semi-sintetiche come LSD (Dietilamide dell’Acido Lisergico) che inducono allucinazioni visive ed acustiche, distorsioni percettive e della consapevolezza del tempo, dello spazio e del sé, crisi d’ansia, di panico o d’angoscia.
In ambito giuridico, oltre alla disciplina contenuta nel codice penale, dove come si evince dalla lettura dell’articolo 93, che il legislatore equipara l’applicazione delle disposizioni per i fatti commessi sotto l’azione di stupefacenti quelli compiuti sotto l’effetto dell’alcool (distinguendo però tra ubriachezza per forza maggiore, caso fortuito o preordinata) è opportuno citare anche il DPR 309/90 (oggetto di modifiche e critiche) rubricato “Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”.
Il Testo Unico si compone di XII titoli: “Vigilanza, coordinamento e controllo dell’attività di prevenzione e repressione”, “Tabelle delle sostanze stupefacenti o psicotrope soggette al controllo”, “Disciplina della produzione e del commercio delle sostanze stupefacenti”, “Profili repressivi relativi alle attività illecite”, “Prevenzione e recupero dei tossicodipendenti”.
Nello specifico l’art.73 descrive diversi tipi di condotta e una diversa comminazione della pena determinata da fattori differenti: l’azione, la quantità e le modalità. Il suddetto articolo al comma 1 prevede per chi coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo la reclusone da sei a vent’anni con una multa da ventiseimila a duecentosessantamila euro.
La stessa pena è prevista nei confronti di chi, per quantità e modalità di presentazione, relativamente al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, non ne fa un uso esclusivamente personale.
Nel caso in cui vengano importati, acquistati, ricevuti o detenuti farmaci contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope con un dosaggio superiore a quello prescritto, le pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Nel comma 2 invece si disciplinano la cessione, la commercializzazione o il procurare in maniera illecita sostanze: in questo caso si prevede un aumento della pena con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro ventisei mila a euro trecentomila.
Il comma 5 prevede che chi, per i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, la quantità o la qualità delle sostanze, abbia commesso un fatto di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro milletrentadue a euro diecimilatrecentoventinove.
Da ultimo, se a commettere i reati previsti dallo stesso art.73 è una persona tossicodipendente, il giudice può, qualora ne ricorrano le condizioni e dopo aver sentito il pubblico ministero e l’imputato, applicare la pena del lavoro di pubblica utilità, anziché le pene detentive e pecuniarie.
In conclusione è opportuno far riferimento ad un recentissimo rapporto della Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, dove si evidenzia come il numero di giovani consumatori sia sempre più elevato e come il fenomeno riguardi, in maniera drammatica, la società a tutti i livelli e non solo chi sta ai margini di essa. La commissione inoltre, pur riconoscendo l’efficienza del nostro sistema di cura, ritiene sia necessario introdurre nelle scuole un insegnamento ad hoc affidato a medici o ai professionisti sanitari.
Tale intervento è dettato dal fatto che il mercato della droga è in continua evoluzione; basti pensare al fatto che oggi infatti molti tossicodipendenti si procurano le sostanze via web. Si intuisce, quindi, che i servizi e i fondi per la prevenzione risultino inadeguati per risolvere questo fenomeno dilagante.
Occorre dunque ripensare i servizi presenti sul territorio in base alle nuove esigenze, rendendoli maggiormente specifici, anche dal punto di vista strutturale, in funzione degli adolescenti.
In linea con questa posizione, vi è anche chi sostiene che il proibizionismo non sia utile a contrastare il consumo di stupefacenti tra i giovani cosi come non lo sono la minaccia delle pene e le sanzioni amministrative.
Infatti, oltre ad un percorso educativo, si ritiene necessario un provvedimento normativo che regolamenti l’uso delle droghe leggere così come sono regolamentati l’uso dell’alcool e nicotina.
La regolamentazione di tali sostanze nel nostro Paese risulta essere una questione spinosa di difficile risoluzione in quanto, ad oggi, non si è trovato un punto d’incontro tra favorevoli e contrari.