LA SALUTE: UN BENE INDIVIDUALE E COLLETTIVO

di Gloria Vindigni – Dottoressa in Giurisprudenza e collaboratrice di Lexacivis

Il diritto alla salute ampliamente inteso come “uno stato di benessere psico fisico, mentale e sociale” e non la semplice assenza di malattie o infermità è ritenuto uno dei diritti fondamentali dell’uomo e per questo deve essere garantito in ogni Stato.

L’articolo 25 comma 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo infatti stabilisce che “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.[…]”.

A tal fine nel 1948 a Ginevra è stata istituita l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); essa è l’organismo di indirizzo e di coordinamento in materia di salute all’interno delle Nazioni Unite. L’OMS è formata da diversi organi di governo: il segretariato, l’assemblea mondiale, il consiglio esecutivo; ed è articolata in sei uffici regionali e dislocata negli uffici degli Stati membri e nei centri collaboratori che sviluppano le sue attività.

Tra i vari compiti l’OMS è impegnata a fornire una guida sulle questioni sanitarie globali, indirizzare la ricerca sanitaria, stabilire norme e standard e formulare scelte di politica sanitaria basate sull’evidenza scientifica; inoltre, garantisce assistenza tecnica agli Stati Membri, monitora e valuta le tendenze in ambito sanitario, finanzia la ricerca medica e fornisce aiuti di emergenza in caso di calamità. Attraverso i propri programmi, l’OMS lavora anche per migliorare in tutto il mondo la nutrizione, le condizioni abitative, l’igiene e le condizioni di lavoro

L’articolo 32 della nostra Costituzione tutela il diritto alla salute considerando sia il benessere del singolo sia quello della collettività; inoltre lo Stato garantisce cure gratuite per gli indigenti. Al secondo comma dello stesso articolo è espresso un doppio limite, il primo riguarda la libertà della persona di sottoporsi a determinati trattamenti sanitari a meno che questi non siano imposti dalla legge, il secondo riguarda l’inviolabilità dei limiti posti dal rispetto della persona umana.

A riguardo occorre evidenziare che il rapporto medico-paziente nel corso degli anni ha subito una notevole evoluzione; difatti se in origine il medico era visto come un riferimento sicuro per la propria salute, una persona che per conoscenza e competenza si poneva al disopra nel rapporto con il paziente, oggi grazie anche a numerosi interventi legislativi, il rapporto “paternalistico” tra medico e paziente è mutato diventando più equilibrato.

Oggi non solo il paziente ha diritto ad essere curato, ma ha inoltre il diritto ad essere informato sulle cure, gli interventi e gli eventuali rischi ai quali si sottopone; in questo modo, la libertà di decidere viene lasciata al paziente stesso.

Ciò non richiama solo quanto sancito dall’articolo 32 della Costituzione ma anche altri principi anch’essi costituzionalmente garantiti, come l’inviolabilità della libertà personale e il rispetto della dignità della persona umana; tali principi sono ribaditi non solo nell’articolo 1 della Legge n. 833 del 1978, con la quale si istituiva il servizio sanitario nazionale, ma anche in un recente intervento normativo che regolamenta a tutti gli effetti il consenso informato (la Legge 22 dicembre 2017 n. 219, rubricata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”).

In materia di consenso informato la Convenzione di Oviedo consacra il principio secondo cui ogni interessato deve esprimere il proprio consenso prima di ogni intervento e può revocarlo in qualsiasi momento. Il trattato statuisce che ogni paziente ha il diritto di conoscere ogni informazione raccolta sulla propria condizione di salute, in particolare i risultati dei testi genetici. La Convenzione riconosce anche il diritto del paziente a non essere informato.

Affinché sia valido il consenso deve essere: personale (manifestato dalla persona che sia in grado di intendere e volere), esplicito (espresso in modo chiaro e univoco), specifico (deve indicare in maniera puntuale i trattamenti sanitari prospettati o l’intervento da eseguire), attuale (dato all’inizio del trattamento sanitario o dell’intervento da eseguire), libero (senza costrizioni), consapevole (dato dopo aver ricevuto le informazioni necessarie) e informato (dato dopo aver conosciuto anche gli eventuali rischi). A livello internazionale, non si può non menzionare la “Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina” meglio conosciuta come Convenzione di Oviedo; essa considera l’essere umano al disopra dell’interesse della scienza e della società e intende proteggere la sua dignità, i suoi diritti e le sue libertà contro l’abuso dei progressi della biologia e della medicina.

Oltre al diritto all’informazione all’individuo sono riconosciuti una serie di diritti contenuti nella Carta europea dei diritti del malato; quest’ultima, elaborata nel 2002 grazie alla collaborazione tra il Tribunale per i Diritti del Malato e quindici organizzazioni civiche partner della rete europea di cittadinanza attiva, raggruppa i diritti inalienabili del paziente che ogni Stato europeo dovrebbe tutelare e garantire.

Il Tribunale per i Diritti del Malato nasce nel 1980 con lo scopo di tutelare e promuovere i diritti dei cittadini in ambito sanitario e favorire un’umana, efficace e razionale organizzazione del sistema sanitario nazionale. Esso è formato da cittadini comuni, professionisti e operatori dei diversi servizi; attraverso sedi locali, territoriali e regionali il TDM promuove iniziative riguardanti i diritti in ambito sanitario oltre ad offrire un servizio di informazione, consulenza e assistenza su servizi sanitari e socio-assistenziali. L’operato del TDM è finalizzato a rimuovere situazioni di sofferenza inutile e di ingiustizia, senza escludere la protesta pubblica e il ricorso all’autorità giudiziaria, privilegiando però l’esercizio dei poteri di interpretare le situazioni, di mobilitare le coscienze, di rimediare agli intoppi istituzionali e infine a conseguire nel più breve tempo possibile i cambiamenti materiali della realtà che permettano il soddisfacimento dei diritti violati.

Tra le varie iniziative del Tribunale per i diritti del Malato da segnalare vi è la Carta europea dei diritti del malato che si compone di quattordici articoli i quali sanciscono:
• Il diritto alle misure preventive
• Il diritto all’accesso
• Il diritto all’informazione
• Il diritto al consenso
• Il diritto alla libera scelta
• Il diritto alla privacy e alla confidenzialità
• Il diritto al rispetto del tempo dei pazienti
• Il diritto al rispetto di standard di qualità
• Il diritto alla sicurezza
• Il diritto all’innovazione
• Il diritto a evitare le sofferenze e il dolore non necessari
• Il diritto ad un trattamento personalizzato
• Il diritto al reclamo
• Il diritto al risarcimento

Occorre però sottolineare come alcuni di questi diritti non siano del tutto garantiti, infatti un’analisi reale della sanità evidenzia come le risorse economiche destinate al welfare sanitario non siano impiegate in misura uguale sul territorio nazionale, creando così un divario non solo tra regioni, ma anche tra strutture pubbliche e private per i servizi offerti.

Va aggiunto inoltre che per accedere ai servizi del sistema sanitario nazionale i cittadini devono sottostare a procedure burocratiche molto lente e lunghe che vanno ad incidere negativamente sulla loro necessità di cura e assistenza sanitaria.

Da tutto ciò ne consegue che per ottenere servizi adeguati, che rispondano ai requisiti di tempestività, qualità e innovazione, molto spesso i malati si trovano costretti a rivolgersi a strutture private o al di fuori della propria regione, dovendo oltretutto sostenere costi elevati.

Tale problematica genera una violazione del principio di uguaglianza in quanto non tutti gli utenti godono di una disponibilità economica tale che consenta loro di usufruire di un’assistenza sanitaria all’avanguardia, il che li porta alla drastica scelta di dover rinunciare alle cure. Per cercare di porre rimedio a questa criticità, il ministero della salute con la Legge di Bilancio 2020 ha eliminato la quota aggiuntiva sulle visite specialistiche e gli esami clinici.

Viste le disuguaglianze che tutt’oggi persistono, si può dunque affermare che i risultati finora ottenuti non sono sufficienti a garantire uno stato di benessere psico-fisico e sociale per il singolo e per la collettività.

Perché in un Paese sviluppato come il nostro possa dirsi raggiunto l’obiettivo di garantire uno stato di benessere, e dunque essere in salute, è necessario: aumentare le risorse destinate al sistema sanitario nazionale, migliorare le strutture sanitarie rendendole più sicure e adeguate alla cura e all’assistenza, far sì che tutte riescano ad offrire servizi innovativi e nel minor tempo possibile anche grazie ad una continua formazione del personale sanitario, ma soprattutto cooperare per fare in modo che il diritto alla salute abbia un’attuazione più ampia e si raggiunga uno stato di benessere anche nelle famiglie, nelle scuole e sul lavoro.

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