di Laura Restuccia – Tirocinante presso il Tribunale di Udine
Il 22 ottobre 2020 è entrato in vigore il decreto legge n. 130 (denominato “Lamorgese”), “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché’ misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale”. La stessa titolazione preannuncia l’eterogeneità del contenuto dei suoi sedici articoli, tanto da rendere complessa l’attività dell’interprete.
Al fine di compiere una prima lettura del provvedimento che sia sintetica, ma non semplicista, si intende passare a rassegna solo le modifiche inerenti la materia dell’immigrazione che appaiono maggiormente incisive, lasciando da parte l’ambito prettamente penalistico.
Sebbene non si possa definire riformatore, siamo certamente in presenza di un intervento che mette mano pesantemente ai decreti legge n. 113/2018 e n. 53/2019, denominati “Decreti sicurezza“ o rispettivamente “Decreto Salvini” e “Decreto Salvini-bis”.
In materia di permessi di soggiorno e controlli alle frontiere, sono recate diverse modifiche al D.lgs. 286/1998 (Testo unico sull’Immigrazione, da ora TUI).
In primis, all’articolo 5, comma 6, del TUI, si fa nuovamente menzione degli obblighi costituzionali e internazionali in materia di revoca del permesso di soggiorno, abrogati dal d.l. 113/2018. In secondo luogo, sono ampliate le ipotesi di permessi di soggiorno convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro. Oggi sono convertibili quelli per protezione speciale, per calamità, per attività sportiva, per residenza elettiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi, per assistenza minori.
Si aggiunge all’articolo 19 del TUI un nuovo comma che somma, e in parte sovrappone, al già previsto divieto di espulsione «verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura», quello «verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica». Si specifica che «Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine». Non si reintroduce l’abrogata protezione umanitaria, ma si prevede che nei casi dell’articolo 19 del TUI sia possibile ottenere un permesso di soggiorno per protezione speciale.
In merito al transito e alla sosta delle navi nel mare territoriale resta fermo il potere del Ministero dell’Interno di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi, tuttavia, sono ristretti i suoi poteri di intervento, estesi dal Decreto Salvini-bis. Il divieto o la limitazione del transito di navi, quindi, qualora si sia in presenza dei motivi di ordine e sicurezza pubblica o di violazione delle norme sul traffico di migranti via mare, è disposto non più solo dal Viminale, ma, previa informazione al Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture. Inoltre, si prevede che non sia possibile disporre il divieto: qualora vi sia stata la comunicazione al centro di coordinamento ed allo Stato di bandiera e siano rispettate le indicazioni della competente autorità per la ricerca ed il soccorso in mare. Si interviene anche sulle sanzioni. Nell’ipotesi di violazione del divieto, sono abolite le sanzioni penali, ma resta salva l’applicazione dell’articolo 1102 del Codice della Navigazione, il quale prevede una multa che va da un minimo di 10.000 ad un massimo di 50.000 euro. Infine, sono abrogati i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater dell’articolo 12 del TUI, i quali prevedevano sia la confisca delle navi che violassero le disposizioni precedenti, sia sanzioni per il capitano della nave.
Per quanto riguarda le procedure volte all’esame della domanda di protezione internazionale vi è una riconferma dell’esame prioritario e di quello accelerato, sebbene sia chiarita la differenza tra le due. Ci si limita a riportare che l’esame prioritario (art. 28 D.lgs. 25/2008) è volto a velocizzare la procedura per le istanze che manifestamente fondate o che sono presentate da persone vulnerabili; invece, la procedura accelerata (art. 28-bis D.lgs. 25/2008) si applica alle domande presentate per scopi dilatori o strumentali e prevede termini molto ridotti.
In merito al trattenimento dei richiedenti protezione internazionale l’articolo 14, comma 1, del TUI già prevedeva che, nel caso in cui non fosse possibile effettuare immediatamente l’espulsione «[…] il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze […]».
Al primo comma, il nuovo decreto aggiunge un ulteriore periodo, con il quale si prevede che il questore, al fine di individuare il CPR, «[…] effettua richiesta di assegnazione del posto alla Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, di cui all’articolo 35 della legge 30 luglio 2002, n. 189». Al medesimo articolo aggiunge anche un comma 1.1 con il quale introduce un ordine di priorità delle espulsioni, «per coloro che siano considerati una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati di cui all’articolo 4, comma 3, terzo periodo, e all’articolo 5, comma 5-bis, nonché’ per coloro che siano cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi».
Si ritorna al tempo massimo di trattenimento anteriore al 2018, ovvero di 90 giorni, con la possibilità di prorogare «per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri».
Si cerca di porre attenzione alle condizioni del trattenimento e alla tutela giurisdizionale, sia nei CPR sia negli hotspots per espresso riferimento legislativo (all’articolo 13, comma 5-bis, si aggiunge l’inciso «Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 2»). All’articolo 14, comma 2, si prevede, infatti, che «Lo straniero è trattenuto nel centro, presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l’assistenza e il pieno rispetto della sua dignità […]». Inoltre, si aggiunge il comma 2-bis che prevede: «Lo straniero trattenuto può rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa, al garante nazionale e ai garanti regionali o locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale».
La tutela giurisdizionale è ribadita all’articolo 10-ter, comma 3, del TUI: «Lo straniero è tempestivamente informato dei diritti e delle facoltà derivanti dal procedimento di convalida del decreto di trattenimento in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola».
È eliminato il divieto di iscrizione anagrafica, rilevante per la fruizione di molti diritti, allineando il quadro legislativo alla sentenza n. 186 del 2020 della Corte Costituzionale.
Infine, si interviene nuovamente sull’accoglienza. Dal SIPROIMI si passa al “Sistema di accoglienza e integrazione” (SAI). Il sistema prevede due progetti separati di prestazioni da una parte per i richiedenti protezione internazionale, dall’altra per colore che ne sono già titolari. Solo per quest’ultimi sono previsti, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, anche dei fondi aggiuntivi finalizzati all’integrazione.
Questa veloce rassegna delle modifiche introdotte mostra come sia innegabile l’intento di segnare una svolta rispetto ai precedenti Decreti Sicurezza. Come evidenziano numerose associazioni, vi sono ancora molti nodi da sciogliere. All’azzeramento dei tanti criticati Decreti Sicurezza, tuttavia, si oppongono ragioni tecniche e soprattutto politiche, non nuove a questa materia.