di Gloria Vindigni – Dottoressa in Giurisprudenza e redattrice di Lexacivis
Siamo nel 2021 e purtroppo assistiamo ancora ad episodi di esclusione delle persone con disabilità dalla vita sociale a causa delle barriere architettoniche.
L’ultimo episodio è avvenuto proprio pochi giorni fa ed ha visto come protagonista Karine Elharrar, donna disabile nonché ministra del governo israeliano, alla quale non è stato possibile partecipare al summit della COP26 in programma a Glasgow in quanto la struttura dove si teneva la conferenza è inaccessibile ai disabili in sedia a rotelle; gli organizzatori dell’evento hanno pensato che offrire il viaggio di ritorno in navetta avrebbe risolto l’inconveniente, peccato che anche quella fosse inaccessibile.
Questa è solo una delle tante situazioni che evidenzia il problema delle barriere architettoniche che, diciamolo non riguarda soltanto le persone con disabilità e i ministri ma riguarda tutti i cittadini.
Certamente questo periodo emergenziale, dove la vita sociale è caratterizzata da smart working e riunioni telematiche, ha per così dire accantonato la necessità di trovare una soluzione concreta agli ostacoli fisici e non solo che impediscono l’effettiva realizzazione di una società inclusiva.
Il problema delle barriere architettoniche sussiste nonostante esista una normativa (nazionale ed internazionale) volta a favorire l’uguaglianza, l’accessibilità e l’inclusività. Nello specifico l’Unione Europea già nei primi anni novanta, occupandosi di disabilità ha ribadito più volte l’importanza di garantire pari opportunità alle persone con disabilità in ogni ambito sociale (scuola, lavoro ecc.) per far sì che anche loro possano condurre una vita il più indipendente possibile.
È poi nei primi anni duemila che si inizia a considerare la disabilità non soltanto dal punto di vista medico ma anche dal punto di vista sociale; anche dal punto di vista normativo sono stati fatti passi avanti molto importanti:
nel 2002, in occasione dell’Anno Europeo della Disabilità è stata promulgata la Dichiarazione di Madrid nella quale si sancisce il divieto di ogni forma di discriminazione e un maggior impegno per favorire l’integrazione sociale;
significativa è stata poi la dichiarazione fatta nel 2004 dall’Istituto Europeo per la Progettazione e la Disabilità (EIDD): “[…] Progettare per Tutti significa progettare per la diversità umana, per l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Questo approccio olistico ed innovativo costituisce una sfida creativa ed etica per tutti i pianificatori, progettisti, imprenditori, amministratori pubblici e leader politici […].”;
nel 2010 L’Unione ha ratificato la Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità la quale all’articolo 9 sancisce il diritto all’accessibilità, specificando “[…] gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali […].” Tale norma fa riferimento agli edifici, alla viabilità, ai trasporti, alle scuole, agli alloggi, agli ospedali e ai luoghi di lavoro.
Recentemente l’unione è nuovamente intervenuta emanando la “Direttiva europea sull’accessibilità di prodotti e servizi” entrata in vigore il 27 giugno 2019. Si tratta di una Direttiva principalmente incentrata su beni e servizi relativi alla comunicazione (i terminali di pagamento, i terminali self service, gli sportelli automatici, le macchine per l’emissione di biglietti, i terminali per il check in, le apparecchiature per la comunicazione elettronica o per i servizi media e gli audiovisivi, a cui si aggiungono i sistemi hardware e software connessi a questi prodotti).
Nonostante l’ampio quadro giuridico fin qui delineato è la stessa Commissione europea ad ammettere la permanenza delle barriere ed è con la strategia europea 2021-2030 che intende dare sostegno agli stati membri affinché la Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità trovi piena applicazione.
Nello specifico, nel 2022 la commissione avvierà un centro di risorse europeo “AccessibleEU” per creare una base di conoscenze di informazioni e buone pratiche sull’accessibilità in tutti i settori. La finalità di questo centro di risorse è quella di favorire la condivisione di conoscenze e informazioni sull’accessibilità in tutti i settori.
Il quadro normativo italiano in materia di barriere architettoniche è piuttosto ampio e datato; per quanto riguarda gli spazi privati occorre far riferimento alla legge 9 gennaio 1989 n. 13, rubricata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e l’attuativo Decreto Ministeriale n. 236/89 prevedono la possibilità per le persone menomate di richiedere un contributo economico per eliminare le barriere presenti negli edifici in cui risiedono.
Nello specifico il Decreto Ministeriale sopracitato fa riferimento a tre condizioni che devono essere rispettate in qualsiasi edificio privato: accessibilità, visitabilità e adattabilità.
Per accessibilità si intende la possibilità per una persona con mobilità ridotta di raggiungere l’edificio, di entrarvi e usufruire di spazi e attrezzature in sicurezza e autonomia; la visitabilità consiste nella possibilità da parte di queste persone di accedere agli spazi di relazione (soggiorno o spazi di lavoro, servizio e incontro), infine l’adattabilità consiste nell’opportunità di poter modificare nel tempo lo spazio costruito, intervenendo senza costi eccessivi, per rendere completamente e agevolmente fruibile lo stabile o parte di esso.
Per quanto riguarda gli spazi pubblici, invece, la legge n. 41 del 1986 impone agli enti pubblici l’obbligo di redigere Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA) tali piani devono indicare l’analisi degli spazi, le soluzioni (personalizzate e su misura), le urgenze (su quali barriere architettoniche intervenire per prima) e infine la programmazione (pianificare gli interventi futuri e i loro relativi costi).
Significativo è il DPR 24 luglio 1996 n. 503 rubricato “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici” (che abroga la precedente normativa, il DPR 27 aprile 1978 n.384). Tale regolamento prende in considerazione tutti gli edifici di nuova costruzione, a quelli in ristrutturazione, agli edifici/ spazi pubblici in tutto o in parte soggetti ad una nuova destinazione finalizzata ad uso pubblico.
Nello specifico il regolamento sopracitato prevede (tra le altre cose) che gli edifici, i mezzi di trasporto, le strutture costruite, modificate o adeguate debbano esporre in modo visibile il simbolo di accessibilità.
Nel corso degli anni poi, il legislatore ha posto l’attenzione anche sul nostro patrimonio culturale ritenendo che il godimento di esso da parte del maggior numero di persone, comprese quelle con disabilità, sia tra le finalità più importanti da perseguire.
A tal proposito diversi sono stati gli interventi normativi: tra i più importanti vi rientra certamente il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che, con un aggiornamento del 2008 ha incluso tra i principi fondamentali quello dell’accessibilità, necessaria oltre che per valorizzare il patrimonio anche per consentire lo sviluppo culturale.
Appurata l’esistenza di un quadro normativo nazionale ed internazionale che, non vi è dubbio, merita di essere rivisto, rispettato e maggiormente attuato occorre dire che ad oggi l’obiettivo design for all (progettare per tutti) risulta essere assai lontano dall’essere raggiunto in quanto, nonostante la continua erogazione di fondi per l’eliminazione delle barriere architettoniche, che vengono impiegati in modo parziale o scorretto, la risoluzione del problema non rientra tra le priorità della classe politica e viene demandata ad enti del settore terziario come le associazioni.