di Francesco Martin – Avvocato presso MDA Studio Legale
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Prospettive di riforma. – 3. Conclusioni.
1. Premessa
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (c.d. P.N.R.R.) contiene al suo interno una serie, alquanto eterogenea, di disposizioni il cui fine è quello di rilanciare l’economia ed in generale la ripresa economica dell’Italia a seguito del periodo, non ancora terminato ma sicuramente attenuato rispetto al 2020, di crisi pandemica legata al Covid-19.
Una parte di tale disposizione concerne anche il settore della giustizia ed in particolare modo quella tributaria, i cui riflessi ricadono e impattano sull’economia nazionale.
La relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria, da atto delle maggiori criticità che affliggono la giustizia tributaria quali la notevole complessità e variabilità della normazione che influisce negativamente sulla certezza del diritto, il deficit di conoscenze attorno alla giurisprudenza di merito, la durata del processo, l’insufficiente livello di specializzazione dei giudici, le dimensioni quantitative del contenzioso tributario e la diffusa percezione d’una imperfetta indipendenza dei giudici tributari.
Sulla base di tali evidenze, la Commissione segnala altresì i punti principali e gli obbiettivi primari che la riforma dovrà perseguire che si sostanziano nell’intervenire sui procedimenti amministrativi tributari ampliando il contraddittorio e il ricorso all’autotutela, migliorare l’offerta complessiva di giustizia anche relativamente agli strumenti deflattivi del contenzioso, apportare correttivi alla conciliazione giudiziale, colmare il deficit di informazione sulla giurisprudenza dei giudici tributari così da incentivare la giustizia di tipo predittivo, rafforzare la specializzazione dei giudici tributari e consolidarne l’indipendenza, sia sul piano del trattamento economico, sia su quello dell’istituzione che è chiamata a garantirla, cioè il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, apprestare migliori difese processuali degli interessi in gioco, nonché migliorare l’offerta di giustizia all’interno del giudizio di legittimità, relativamente alla Corte di Cassazione.
Dal punto di vista legislativo, è prevista l’emanazione di una legge delega per la riforma dell’assetto della giustizia tributaria attualmente affidata alle Commissioni tributarie e alla Corte di Cassazione.
2. Prospettive di riforma.
In particolare, uno dei punti centrali della riforma dell’attuale assetto della giustizia tributaria concerne la deflazione del contenzioso, soprattutto nel giudizio di legittimità, la cui durata complessiva costituisce un fattore negativo anche per l’attrazione degli investimenti esteri.
Nello specifico, il contenzioso tributario rappresenta una percentuale elevata dei ricorsi e del conseguente arretrato accumulatosi presso la Corte di Cassazione, con la conseguenza che i tempi di giacenza dei ricorsi aumentano in maniera esponenziale.
La riforma del contenzioso tributario, quindi, mira a ridurre il numero dei ricorsi dinanzi alla Corte di Cassazione, nonché a consentire una più rapida ed adeguata decisione, introducendo altresì il rinvio pregiudiziale per prevenire la formazione di decisioni difformi dagli orientamenti di legittimità consolidati[1].
È inoltre in fase di elaborazione una proposta volta ad ampliare l’organico della Sezione tributaria della Corte di Cassazione
Come evidenziato in precedenza, il Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, ha istituito una Commissione interministeriale chiamata a elaborare proposte di interventi organizzativi e normativi.
La prima proposta prevede, per quanto attiene alla nomina dei giudici di primo grado, la modifica della disciplina di accesso ai ruoli giudicanti delle Commissioni tributarie con l’introduzione di limiti di età e, per i non appartenenti alle magistrature, il possesso di titoli professionali e di studio, mentre con riferimento ai giudici di secondo grado, è prevista l’istituzione di un’apposita sezione per le liti di valore superiore a 25.000 euro e in materia di classamento catastale, doganale e accise, composta da soli magistrati togati a tempo pieno, nonché avvocati, commercialisti o professori universitari.
Con riferimento all’aspetto del procedimento tributario permangono i due gradi di giudizio presso le Commissioni tributarie provinciali, per il primo grado, e regionali, per il secondo grado.
Viene data la possibilità per la Commissione tributaria provinciale di formulare una proposta transattiva e conciliativa alla prima udienza (o fino al termine della fase istruttoria) con eventuali ricadute sulla statuizione in ordine al regime delle spese di lite.
Con riferimento alla Corte di Cassazione è prevista l’assegnazione alla sezione tributaria della Corte dei magistrati del Massimario applicati da più di due anni, previa valutazione del Consiglio Superiore della Magistratura.
La seconda proposta prevede, invece, con riferimento alla nomina dei giudici di primo grado, un concorso pubblico per esami, riservato a laureati in giurisprudenza con una riserva di posti per i giudici tributari in servizio da almeno 6 anni provvisti di laurea in giurisprudenza o in economia e, in merito alla nomina dei giudici di secondo grado, la previsione di soli giudici togati a tempo pieno, che hanno optato per il passaggio alla magistratura tributaria in via definitiva, ovvero in posizione di fuori ruolo per almeno 4 anni.
Di fatto quindi, a seguito della eventuale introduzione del concorso pubblico, verrebbe creata la categoria di giudici professionali a tempo pieno nella nuova magistratura tributaria, così come avviene negli altri settori.
In merito alla competenza per le liti minori (fino a 3.000 euro), verrebbero attribuite in primo grado alla competenza di un giudice onorario monocratico, non togato.
Con riferimento all’aspetto processuale inerente i due gradi di giudizio, sussisterebbero i Tribunali tributari, per il primo grado, e le Corti di Appello tributarie, per il secondo grado, con la possibilità per il Tribunale tributario e la Corte di appello tributaria di formulare una proposta conciliativa fino alla prima udienza.
Con riferimento alla Corte di Cassazione verrebbe creata una sezione ordinaria specializzata in diritto tributario.
Tali prospettive di riforma hanno già incontrato, pur essendo ancora in una fase embrionale, alcune evidenze da parte della dottrina.
In particolare, alcuni autori[2] affermano che sarebbe necessario che, il primo grado di giudizio (tribunale tributario), fosse composto da un organo monocratico con competenza per una ristretta serie di controversie (di valore non superiore a venti o trenta mila euro) o di particolare natura seriale, e fosse caratterizzato da meccanismi volti alla definizione in via conciliativa.
Solo allorquando tali meccanismi alternativi non riescano ad operare, il giudice potrebbe decidere in maniera ordinaria sulla questione sottoposta, con sentenza non appellabile, ma solo reclamabile davanti allo stesso Tribunale in composizione collegiale, le cui sentenze, infine, potranno essere impugnate in solo per vizi di procedura.
Inoltre, si renderebbe necessario l’organizzazione della Sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sua articolazione in sottosezioni e la previsione di una adunanza plenaria di tutte le sottosezioni ad instar di quanto contemplato in altri ordinamenti, per facilitare l’effettiva formazione di una nomofilachia tributaristicamente mirata.
Infine, altre critiche[3] sono giunte, sempre dalla dottrina, con riferimento alla scelta di non intervenire sulla mediazione di cui all’art. 17-bis D.Lgs. n. 546/1992.
Tale istituto, infatti, ha registrato un notevole utilizzo nella quotidianità e quindi, una sua riformulazione con il superamento della soglia dei 50.000 euro avrebbe potuto dare un contributo importante alla deflazione del processo tributario, ancora marcatamente schiacciato su controversie di valore modesto.
Difatti, nella mediazione trova più agevole giustificazione una funzione onoraria, perché proprio mediante tale istituto è possibile pronunciare secondo equità e non necessariamente secondo diritto.
Parimenti sussistono perplessità, in dottrina, circa l’obbligo di contraddittorio anche per gli atti di riscossione e per l’obbligatorietà del contraddittorio, senza però contemplare altresì l’obbligo per l’ente impositore di replicare alle osservazioni del contribuente, secondo il modello della motivazione rafforzata, che costituisce la vera cifra del contraddittorio così come previsto dall’art. 10-bis L. 212/2000 e dall’art. 16 D.Lgs. 472/1997.
Di notevole interesse è, invece, la proposta di modifica del meccanismo della conciliazione, nel senso di prevedere un aggravio nelle spese processuali a carico della parte che non vi aderisca, nonché l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo, in modo da superare la giurisprudenza della Corte di Cassazione che ancora si trincera dietro la mancata previsione positiva di un siffatto obbligo.
Vi è, infine, la proposta sull’introduzione della prova testimoniale, che nelle intenzioni della Commissione sarebbe comunque solo in forma di prova costituita, quindi da predisporre fuori dal giudizio e da produrre per iscritto.
3. Conclusioni.
All’interno del settore della giustizia, il processo tributario occupa una parte essenziale sia per quanto attiene la generalità di soggetti che quotidianamente vengono investiti delle tematiche sottese, sia per i riflessi che lo stesso ha sul piano economico dello Stato.
Appare infatti evidente che un contenzioso tributario, può avere degli effetti – positivi o negativi – sul bilancio di una società e quindi può comportare scelte e strategie aziendali profondamente differenti.
Senza contare che, come rilevato dalla Commissione interministeriale, molti procedimenti tributari approdano presso la Corte di Cassazione ove ristagnano per un lasso di tempo considerevole.
Una riforma del processo tributario era da tempo richiesta a gran voce da tutti gli operatori del diritto e, in particolare, con riferimento proprio ai giudici tributari.
Difatti la proposta della Commissione che prevede l’introduzione di un concorso pubblico, così come previsto per la magistratura ordinaria, costituirebbe una garanzia per i contribuenti ed anche per gli investitori di essere giudicati da un soggetto terzo, imparziale e deputato a tale fine.
Sempre sul punto, presso la Corte di Cassazione dovrebbe essere istituita una apposita sezione ordinaria specializzata in diritto tributario.
Se, tuttavia, da un lato affidare a dei soggetti imparziali e dotati di competenza le decisioni rappresenta sicuramente una parte essenziale ed utile per la modifica della giustizia tributaria, questo non è sufficiente.
Occorre difatti ridurre il contenzioso mediante strumenti alternativi, come la mediazione, al fine di snellire il lavoro delle singole Commissioni tributarie in modo che le stesse possano (rectius debbano) occuparsi solamente di questioni di elevata complessità, ovvero concernenti procedimenti di notevole importo.
[1] G. Stancati, C. Attardi, G. Dal Corso, L. Nobile, A. Renda, Riforma della giustizia tributaria: tempi più rapidi e meno giudizi in Cassazione, in Ipsoa, 06.12.2021.
[2] C. Glendi, La giustizia tributaria si riforma dal basso e dall’alto, in Ipsoa, 20.11.2021.
[3] A.Carinci, Riflessioni sulle proposte formulate dalla Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria, in Il Tributario, 05.08.2021.