ATTI OSTILI E ARRUOLAMENTO VOLONTARIO DEGLI ITALIANI: PERCHÉ È ILLEGALE ARRUOLARSI PER COMBATTERE IN UCRAINA?

di Filippo Carpenedo (Studente di Cultura umanistica e divulgazione) e Gloria Vindigni (Dottoressa in Giurisprudenza e redattrice di Lexacivis)

“Per sostenere la resistenza contro gli occupanti russi e difendere la sicurezza globale, stiamo formando una legione internazionale”, così twittò Volodymyr Zelensky il 27 febbraio, auspicando la creazione di una brigata internazionale per difendere non solo l’Ucraina, ma i valori fondanti dell’Europa intera: lo Stato di diritto, la democrazia, la pace e la dignità umana. A questo appello, a quanto sembra, hanno risposto migliaia di volontari da tutto il mondo che, in pochi giorni, hanno smaltito le pratiche per l’arruolamento e preso parte alla guerra in Ucraina. Ma è davvero possibile arruolarsi a norma di legge nella legione internazionale?

Lo scorso 24 marzo la Farnesina, attraverso un breve comunicato ha fatto un monito a tutti gli italiani che si arruolano volontariamente in Ucraina, ricordando che tale atto costituirebbe reato.

Il nostro ordinamento, infatti, punisce all’articolo 244 del codice penale chiunque si arruoli o compia atti ostili nei confronti di uno Stato estero senza il consenso del Governo, mettendo così in pericolo lo Stato italiano.

Nello specifico la fattispecie in esame, volta a tutelare la personalità dello Stato e la normalità dei rapporti con gli altri Stati, prevede la condanna della reclusione da sei a diciotto anni  per chi attua tali condotte, precisando che qualora si concretizzi lo scoppio di una guerra, la pena è aggravata con l’ergastolo.

Il secondo comma del suddetto articolo prevede la pena della reclusione da tre a dodici anni nell’eventualità che gli atti ostili turbino i rapporti internazionali o mettano in pericolo lo Stato/i suoi cittadini; se a causa di tale esposizione vengono meno le relazioni diplomatiche oppure si concretizzano ritorsioni/rappresaglie, è prevista, come nel primo comma, un’aggravante speciale e in questo caso la reclusione va da cinque a quindici anni.

Vi è poi un’ulteriore fattispecie considerata nel comunicato della Farnesina, quella disciplinata all’articolo 288 del codice penale.

Tale disposizione condanna l’arruolamento e l’armamento non autorizzato per uno Stato estero, riconoscendo il potere esclusivo dello Stato italiano nell’arruolare civili e militari sul territorio.

In particolare, chiunque arruoli o armi cittadini senza l’autorizzazione del Governo affinché combattano in uno stato straniero è punito con la reclusione da quattro a quindici anni.

Il secondo comma stabilisce poi che la pena aumenta di un terzo se ad arruolarsi sono militari in servizio o cittadini soggetti all’obbligo militare.

Si tratta di un reato che si consuma nel momento in cui si ricevono le armi o ci si arruola, non è dunque necessario l’arrivo nello Stato estero o la presa in servizio.

Inoltre in questo caso vi è il dolo specifico in quanto l’autore agisce con la volontà di arruolare/armare cittadini a favore di un altro Stato anche se questo non è in conflitto con lo Stato Italiano.

Il comunicato della Farnesina, così come le disposizioni qui analizzate, vogliono invitare tutti i cittadini, in questo momento di forte precarietà non solo interna ma anche sul piano europeo ed internazionale, ad adottare comportamenti che non espongano lo Stato e i cittadini stessi a pericoli di guerre o ritorsioni.

Ma soprattutto esso vuole raccomandare la tutela del territorio, la protezione di un popolo e il riconoscimento della sovranità, ovvero gli elementi costitutivi di uno Stato.

Qual è il senso di queste normative? Al di là delle motivazioni legislative, perché è illegale arruolarsi per andare a combattere in Ucraina? Ciò che possiamo trarre da ciò è che soltanto i poteri costituiti di uno Stato democratico hanno il vero diritto di decidere sull’uso della forza, non l’arbitrarietà di ogni singolo cittadino.

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