di Tommaso Del Fabbro – Studente di Giurisprudenza
Il primo caso oggetto di discussione nell’ambito del processo simulato svolto presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Udine riguardava la Repubblica italiana che, in un periodo particolarmente duro, in cui i morti da Covid-19 superavano i 500 al giorno, ha limitato la libera circolazione delle persone provenienti dall’area Schengen, imponendo una serie di misure che scoraggiavano l’esercizio della mobilità professionale. In questo frangente un trasportatore dipendente della ditta Autamarocchi SPA proveniente dall’Austria, dinanzi alla sanzione amministrativa irrogatagli, contesta al Tar la legittimità di un decreto-legge, che gli impone una quarantena di 7 giorni prima di poter essere ammesso nuovamente a transitare sul territorio nazionale. Il Tar rinvia alla Corte di giustizia UE ex art. 267, TFUE. Per l’occasione la Corte era composta dal Dott. Zuliani, dall’Avv. Ponti, dalla Dott.ssa Del Piero, dal Dott. Londero, dall’Avv. Buonocore, dall’Avv. Leoncini e dal Dott. D’Angelo. Si sono presentate le difese del trasportatore dell’Automarocchi SPA, della Provincia Autonoma di Bolzano, della Repubblica italiana e della Commissione Europea.
DIFESA TRASPORTATORE
Prende subito la parola la difesa del trasportatore che richiede l’annullamento della sentenza del TAR che avalla la legittimità della sanzione amministrativa irrogata nei confronti dell’assistito, dipendente dell’impresa Autamarocchi SPA. Il giorno 29 marzo 2020 all’uomo che faceva rientro dall’Austria presso la sede italiana dell’impresa presso cui lavorava è stata irrogata una sanzione amministrativa ai sensi del Decreto Legge n.35 del 20 marzo 2020, il quale imponeva agli autotrasportatori provenienti dall’estero, una quarantena di giorni 7, per poter nuovamente essere ammessi a transitare in territorio nazionale, così ostacolando gravemente e ulteriormente, la già di per sé (in virtù delle contingenze pandemiche) non agevole esplicazione dell’attività e servizio di autotrasporto merci. La difesa ricorda le disposizioni del DPCM dell’8 marzo 2020 nelle parti in cui, con riguardo al traffico transfrontaliero, “le limitazioni non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro”, “le merci possono entrare ed uscire dai territori interessati” e “il trasporto delle merci è considerato un’esigenza lavorativa”. Dopo una più specifica analisi del DPCM del 22 marzo 2020 e del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 14 marzo 2020, la difesa sottolinea che il carico del suo assistito era di generi alimentari e che l’assistito ha, con dedizione, prestato la propria osservanza a tutte le misure precauzionali. La difesa, nel ricordare la prevalenza delle fonti comunitarie sulla normativa nazionale, ricorda il trattato di Schengen (in particolare gli artt. 120 e 123) il cui obiettivo è l’abolizione delle frontiere interne e l’istituzione di un mercato unico, al fine di favorire la libera circolazione di merci e persone all’interno dell’area stessa. Si sa che “Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati” (l’art.26 del TFUE) ed è certo che limitazioni alla libera circolazione delle merci e dei servizi, nonché alla libertà di stabilimento, possono derivare da disposizioni legislative per motivi di sanità pubblica, sicurezza nazionale e ordine pubblico; ma è anche vero che eventuali limitazioni devono essere riconosciute dal TFUE (art 52 TFUE). La disposizione, inoltre, menziona il requisito della ragionevolezza.
DIFESA REPUBBLICA
La Repubblica italiana, dopo aver analizzato in modo rigoroso e oggettivo la situazione che si presentava in Italia alla fine di marzo 2020 e dato l’incremento di contagi verificatesi anche in Austria e nella Provincia Autonoma di Bolzano, inizia ad elencare tutta una serie di norme, sia italiane che europee in giustificazione alla decisione imposta al camionista. Il provvedimento da loro adottato quindi è perentorio. Ma lo Stato ha voluto tutelare a tutti i costi la salute pubblica, quale diritto fondamentale garantito dalla Costituzione secondo l’art.32. Per fare questo ha dovuto limitare gli spostamenti all’interno e all’esterno del territorio nazionale e ha dovuto chiudere temporaneamente la maggior parte delle attività produttive. Se il governo non avesse preso determinate decisioni e restrizioni non avrebbe potuto garantire che tutte le persone venissero curate, perché probabilmente si sarebbe raggiunto un numero di contagi talmente alto da far collassare l’intero sistema sanitario nazionale. L’Italia si sarebbe quindi trovata in una situazione simile a quella presente in India o in Brasile, dove campi interi sono stati trasformati in cimiteri o dove per mancanza di forni crematori liberi i cadaveri venivano bruciati per strada.
DIFESA TRENTINO
Prendono subito dopo la parola i rappresentanti della Provincia Autonoma di Bolzano in particolare per
esporre i fatti dal loro punto di vista rilevanti a tal punto da far ritenere infondata la questione. Ritengono sproporzionata la misura della quarantena applicata nel territorio italiano per coloro che entrano da un altro paese; altresì, si ritiene priva di fondamento l’accusa formalizzata dalla Repubblica italiana ai danni del trasportatore ed ingiusti i danni che ne derivano al territorio della Provincia Autonoma. Ammettono che si sia riscontrata la violazione dell’art. 26 co. 2 TFUE che garantisce la libera circolazione di merci, servizi, capitali, all’interno dell’UE. In questo caso si è dinanzi ad una palese, e non sufficientemente motivata, violazione di tale articolo: i Paesi coinvolti, oltre che appartenere entrambi all’UE, pongono in essere scambi commerciali da sempre. L’opinione che emerge in questa prima fase della difesa è che, alla luce del difficile momento storico e, in particolar modo sulla base dei beni oggetto del trasporto, ci dovrebbe essere una forte collaborazione tra i vari stati dell’UE soprattutto se c’è una zona che ha bisogno di beni di prima necessità, come nel caso della Provincia Autonoma di Bolzano. La difesa sottolinea in più di un’occasione che il trasportatore stava trasportando non delle semplici merci ma dei beni di prima necessità che, proprio in presenza di una pandemia mondiale, non potevano venir meno. L’importanza di questi beni è stata acuita anche da tutti i DPCM che hanno sempre evidenziato come gli spostamenti per l’approvvigionamento di beni di prima necessità fossero sempre consentiti, ovviamente entro i limiti previsti dai casi concreti e dalle regioni prese ad oggetto. Per tale ragione si ritiene infondata l’accusa della Repubblica italiana nei confronti dell’assistito in virtù della tipologia di merce trasportata. La Provincia Autonoma di Bolzano ritiene altresì irragionevole e sproporzionata la norma ritenuta violata dalla Repubblica italiana. A marzo 2020, in riferimento al numero di contagi, Bolzano è sempre stata al di sotto della media nazionale: in base ai dati Istat si contavano 1082 positivi su 57521 casi complessivi a livello nazionale. La norma oggetto di analisi risulta quindi avere una portata estremamente generale e non applicabile al caso concreto oggetto di contesa. Riporta quindi i dati dell’Austria che, a fine marzo 2020, ha avuto meno restrizioni per quanto concerne l’entrata e l’uscita dal paese con meno contagi: se ne stimano 8536 casi; è ragionevole dedurre che ciò sia anche dovuti al fatto che la superficie austriaca è minore di più di un terzo rispetto a quella italiana. La difesa ammette che se tali dati relativi all’Austria vengono messi a sistema con i dati relativi all’Italia, la distonia di trattamento sanzionatorio in materia di violazione di quarantena risulta essere evidente. Per tali motivi la Provincia Autonoma di Bolzano chiede alla corte che i futuri scambi commerciali posti in essere a beneficio della stessa e quindi, indirettamente, anche a beneficio degli altri paesi comunitari, non vengano compromessi da tale norma.
PARERE COMMISSIONE
Quanto alla posizione della Commissione Europea: nel caso di specie è chiaro come si sia schierata dalla
parte del camionista ricorrente, per tutelare l’interesse della libera circolazione dei servizi all’interno del
territorio UE e quindi fra gli Stati membri. Quanto agli elementi adottati a sostegno delle tesi esposte, sottolineo come siano stati di primaria importanza: l’incipit dell’art. 3 par. 3 TFUE con cui l’Unione Europea definisce i suoi interessi “L’unione instaura un mercato interno”. In secundis, i rappresentanti della Commissione hanno desiderato richiamare l’art. 20 par. 2 lett. a TFUE che attribuisce ai cittadini dell’UE “il diritto di circolare […] liberamente nel territorio degli stati membri”, diritto che appartiene a tutti i cittadini, non solo ai lavoratori, come nel caso di specie”. Ritornando poi al tema della tutela del mercato interno, l’art. 26 par. 2 TFUE sostiene “Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi […]”. Se lo stesso trattato sul funzionamento dell’UE, firmato e ratificato anche dall’Italia, prevede che non vi siano frontiere interne per il mercato, e considerate le singole misure differenti e meno restrittive adottate dagli altri stati membri, non si capisce perché lo Stato italiano abbia operato in questi termini un discriminazione per i lavoratori UE che avessero avuto necessità di transitare sul territorio nazionale italiano. Non è possibile inoltre che di fronte ad una crisi sanitaria l’intero Paese, in assoluto, nella totalità delle sue funzioni si paralizzi. Le conseguenze di una paralisi totale sarebbero disastrose. Ciò che un Paese deve fare è affrontare la situazione adottando misure proporzionate all’entità della crisi in atto. A fronte di dati oggettivi rilevati dalla stessa protezione civile italiana che attestava nel periodo di maggio 2020 un tasso di contagi e quello di mortalità da covid-19, presso la regione Trentino Alto Adige e più precisamente nella Provincia autonoma di Bolzano, nettamente inferiore rispetto alle altre regioni d’Italia, non è allora comprensibile come non sia stata effettuata una proporzionata scelta restrittiva, adattandola alle condizioni reali ed oggettive del momento, senza pregiudicare notevolmente il mercato unico europeo. Ad avviso della Commissione quindi c’era sì una giustificazione delle limitazioni alla libera circolazione dei servizi, ma queste non erano proporzionate alla gravità e ai dati oggettivi della situazione del momento. Da ultimo la Commissione Europea ha delineato la sua posizione, ribadendo la necessità di una non eccessiva restrizione alle frontiere interne, all’interno della Comunicazione datata 13 maggio 2020. Afferma che lo scopo è quello di invitare tutti gli stati, Italia compresa, ad avviare un processo di riapertura della piena circolazione transfrontaliera all’interno dell’Unione. Inoltre, sottolinea come questa debba avvenire certo con la massima attenzione alla vita e alla salute dei cittadini, ma senza sottovalutare ed accantonare l’importante rete economica rappresentata dal mercato interno e dalla circolazione dei servizi. Consiglia inoltre di adottare misure differenti anche da regione a regione, se la situazione concreta lo consente (cosa che in Italia si è iniziati a fare solo al termine del 2020 con l’inserimento dei colori delle regioni).
DECISIONE DELLA CORTE
Alla fine del dibattimento, riporto in maniera testuale come la Corte si è espressa: “I principi e le disposizioni dell’Unione Europea non ostano ad una normativa nazionale come quella italiana di cui al procedimento principale, in quanto sostanzialmente proporzionata all’inedita situazione di emergenza sanitaria che ha imposto l’adozione di misure urgenti e in mancanza di un tempestivo intervento nella stessa materia delle istituzioni dell’UE, salvo nella parte in cui non si prevedano necessarie eccezioni e contromisure per tenere conto della natura delle merci trasportate, e ferma la competenza dell’Unione a dettare regole uniformi e prevalenti per l’uscita dalla situazione di emergenza e il pieno ripristino della piena efficacia dei principi del mercato unico”.